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Umberto Eco e il brusio digitale

Dall’illusione dell’interattività al mormorio globalizzato, il semiologo, che nel suo ultimo romanzo racconta “il presente attraverso il passato”, riflette sui media digitali e sui loro effetti controversi sulla politica contemporanea. Ma con qualche vantaggio inatteso

Dal lettore all’utente, dal telespettatore al navigatore: al di là delle terminologie, cos’è davvero cambiato nel passaggio dall’epoca della “vecchia TV” al presente dei media digitali? Possiamo realmente e finalmente parlare di interattività? Lo abbiamo chiesto ad Umberto Eco, che proprio alla comunicazione di massa ha dedicato uno dei libri più fortunati. E che oggi riaffronta il tema, in chiave stavolta letteraria, nel nuovo romanzo "Numero Zero", appena edito da Bompiani.

«Rispetto ai mass-media del passato – afferma Eco – c’è una maggior schiavizzazione dell’utente: se prima l’utente sapeva di non poter interagire, oggi invece crede di poterlo fare. Ma non è vero, almeno per l’80% delle utenze». E continua: «Lo stesso Beppe Grillo, promotore dell’interazione grazie ai nuovi media, poi espelle chi vuole dal suo Movimento senza far attenzione a quello stesso valore che pone come distintivo dei canali digitali». 

Il cambiamento, quindi, c’è stato ma non nella sostanza: «Con la globalizzazione dei contatti, succede come in teatro, con gli attori che dicono “rabarbaro rabarbaro rabarbaro” per creare brusio: la comunicazione online diventa un grande rabarbaro destinato a perdersi. Si comunica molto meno che leggendo il Corriere della Sera».

Non tutti gli esiti di internet, però, sono negativi: ferma restando la sua natura di «strumento dalle enormi potenzialità, utilizzato per lo più in modo illusorio», internet – secondo Eco – può essere vantaggioso per ottenere risorse e informazioni se usato con senso critico, «sapendo buttare via quello che è trash e filtrando i contenuti utili». E conclude, con dissacrante ironia: «Si pensi, ad esempio, all’utilità di internet per la pornografia!».

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