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HARPER REED: IL POTERE DELL'ENGAGEMENT ONLINE

Ascoltare, interagire, comunicare. In una parola, coinvolgere. Investendo tempo per raggiungere risultati sul lungo periodo e puntando sulle nuove generazioni. La ricetta di Harpeer Reed per usare al meglio i social network nella comunicazione istituzionale

Harper Reed è il web strategist più in vista dell'attuale panorama internazionale: ingegnere informatico, programmatore e, come ama definirsi, “hacker”, è la mente hi-tech della rielezione di Barack Obama nel 2012, grazie alla più grande e sofisticata operazione di micro-targeting e data mining mai realizzata.

Intervenuto in qualità di main speaker ad ICS Europe, risponde ad alcune domande su politica e social media, engagement e comunità virtuali, spostando lo sguardo dalla situazione statunitense a quella europea.

I social network assumono un ruolo sempre più determinante per la gestione del dibattito politico e per l'esito delle elezioni, come insegna la sua esperienza con Obama. A questo ampliamento dei mezzi attraverso cui si fa e si parla di politica (non più solo TV e stampa, ma anche web e social media) crede che corrisponda un analogo ampliamento della platea di persone coinvolte nella vita politica?

Sì, decisamente. I social media stanno permettendo a tante persone normalmente non coinvolte nella vita politica di esserlo. Credo sia un fenomeno estremamente positivo e da incoraggiare. Per coinvolgere sempre più persone, dalle istituzioni alle aziende, un ottimo strumento è il crowdsourcing: un processo partecipativo e collaborativo che costituisce una grande novità.

Parlando di partecipazione, secondo lei è possibile replicare le attività di engagement utilizzate per la campagna di Obama anche in progetti che non abbiano fini elettorali immediati?

Sì, la differenza sostanziale è nei tempi. In una campagna elettorale i ritmi sono più incalzanti e si svolge tutto in un arco temporale definito. Nel caso di temi di pubblico interesse, invece, occorre tempo per creare una comunità, cementarne l'identità, coltivarne l'interesse, favorirne un coinvolgimento continuo, genuino e partecipato.

Guardando all'Europa, secondo lei è possibile utilizzare i social media per far conoscere di più cosa succede in campo politico e culturale? È possibile dare più visibilità alle attività europee e renderle più attrattive, in particolare per le nuove generazioni?

Credo di sì: per farlo, però, non basta semplicemente essere presenti sui i social network e utilizzarli secondo un modello broadcasting. Occorre instaurare un dialogo, un po' come fanno le aziende con le lamentele dei propri clienti su Facebook o su Twitter. Per i governi e le istituzioni, la chiave è ascoltare, rispondere, interagire, comunicare. Un buon esempio di engagement è rappresentato dalle attività del nuovo Papa su Twitter, che ha dimostrato di saper sfruttare al meglio le potenzialità di interazione del medium. 

 

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