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Il poeta e l'imprenditore

Un rapporto elettivo, quello tra D’Annunzio e il suo Abruzzo. Lo testimonia la lunga amicizia con Amedeo Pomilio, produttore dell’Aurum, di cui il vate coniò il nome. In anteprima il racconto e il ricordo di Giordano Bruno Guerri nella Prefazione del libro “Le ali della creatività”.

Nel febbraio del 1922 D’Annunzio incontra al Vittoriale Amedeo Pomilio: congedandolo gli dona un ritratto fotografico e una copia del Notturno, che Amedeo promette di leggere una pagina a sera, quasi si trattasse di un libro sacro.

Quel giorno nacque un'amicizia che durò per più di tre lustri, fino alla morte del Poeta, e che fu rallegrata da un vivace scambio di regali: sciroppi, vasetti di amarene, gocciole d'Abruzzo, cacio, bottiglie di Aurum, persino un ferro per le pizzelle. Sono doni che per il Comandante rappresentano, nell'eremo gardonese, un ultimo ma forte legame con la terra natìa.

“Odore e sapore della nostra terra ... Piango i miei pini e la mia spiaggia... gli spiriti della mia terra... canto dei secoli d'Abruzzo...”. Alcune frasi estrapolate dal loro carteggio e testimoniano, oltre alla gratitudine verso l'amico, la malinconia dell'uomo che ricorda la giovinezza. Commosso da tante e ripetute attenzioni, da queste squisitezze, un giorno scrive grato a Pomilio: Mi hai ricoperto di doni preziosi e hai così modificato il mio vecchio motto "lo ho che quel che mi fu donato".

D’Annunzio lo invita più volte al Vittoriale, e in un’occasione addirittura impone all'amico di partire: “Sei invitato anzi comandato!” Amedeo lo accontenta arrivando a Gardone carico di doni, fino al marzo del 1938 quando D’Annunzio si spegne. Il 25 maggio dello stesso anno nasce il terzogenito di Pomilio a cui viene dato il nome Gabriele, ultimo omaggio al poeta d'Italia e all’amico fraterno. La storia dei Pomilio infatti continua, anzi prospera, quasi una saga alla Buddenbrook al contrario.

Come studioso e come Presidente del Vittoriale degli Italiani, l'immagine di Gabriele D’Annunzio che in questi anni mi sono impegnato a presentare in Italia e nel mondo è quella di un innovatore della società, della politica, della letteratura, del teatro e del modo di essere intellettuale; un paladino della modernità che da solo è riuscito nell'intento di sprovincializzare la cultura italiana del tempo per portarla sul palcoscenico europeo.

Leggendo le bozze di questo volume sui Pomilio, mi sono sorpreso nel riconoscere non solo affinità, ma veri e propri punti di incontro fra il modo di pensare e di agire del poeta di Alcyone e questa famiglia di imprenditori capaci. I Pomilio – come D’Annunzio – intuiscono, per esempio, la forza del marketing, sostengono la nascente industria dell'aviazione, applicano nella vita e nello sport quel caparbio desiderio di emergere e di raggiungere obbiettivi importanti; infine, lasciano alla posterità edifici meravigliosi, quale l’Aurum nella pineta Pescarese.

Forse, però, la cosa che più avvicina i Pomilio e D’Annunzio è l'appartenenza al tipo umano di genio italico, che talvolta emerge nella storia del nostro Paese, capace di incarnare lo spirito dei tempi e – con la passione, l’audacia e l’intelligenza – portare il futuro nel presente.

Giordano Bruno Guerri
Presidente della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani
(dalla “Prefazione” del libro Le ali della creatività, di Paolo Smoglia, Rubbettino Editore, 2013)

 

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